Il blog aperto a tutte le idee orginali, alle opinioni coraggiose, alle riflessioni espresse senza peli sulla lingua
Castigat ridendo mores

Ecco perché Renzi può farcela

Arroccata su posizioni conservatrici, la Sinistra italiana è la più arretrata dell'Occidente. Il sindaco di Firenze sembra essere l'unico in grado di indicare una prospettiva agli elettori. E non solo a quelli di sinistra

Lui lo ha chiamato "Big Bang", ma sembra di assistere più ad un'evoluzione naturale. Di cui lui, Matteo Renzi, 36 anni, sindaco Pd di Firenze, rappresenta l'ultimo stadio. Perché in realtà il Big Bang si è già verificato una ventina di anni di fa con il crollo del comunismo sovietico, mentre invece l'evoluzione della Sinistra italiana - quella che più di ogni altra nell'Occidente è stata egemonizzata dai comunisti - è ancora in corso ed è pure in clamoroso ritardo.
Già l'espressione "evoluzione della Sinistra", di per sè, è un "unicum" tutto italiano. Negli altri Paesi (Francia, Germania, Inghilterra) una Sinistra riformista, moderata e socialdemocratica è sempre esistita e fin dall'immediato secondo dopoguerra (in coincidenza con lo "scoppio" della guerra fredda) si è imposta sulle istanze massimaliste e rivoluzionarie che guardavano al modello sovietico, ma che in quei Paesi rimasero sempre minoritarie.
In Italia invece no. Vuoi per la presenza di conflitti sociali più aspri e di rivendicazioni di classe più spinte, vuoi per il ruolo fondamentale svolto dai partigiani comunisti durante la Resistenza, vuoi ancora per l'applicazione tenace del teorema di Gramsci sull'occupazione delle "case matte" (scuola, università, giornali, cultura), da noi i comunisti hanno sempre rappresentato la parte maggioritaria della Sinistra. Conosciamo l'obiezione: non erano veri comunisti. Però non erano neanche socialdemocratici, sia nel modo di condurre la lotta politica che nelle basi ideologiche.
Fatto sta che mentre nel resto dell'Europa occidentale la Sinistra faceva significative esperienze di governo (laburisti in Inghilterra, socialdemocratici nella Germania Ovest, socialisti in Francia), in Italia avevamo una Sinistra divisa tra la parte elettoralmente minoritaria gradualmente assorbita dalla Democrazia cristiana, e quella maggioritaria eternamente relegata all'opposizione in quanto comunista e filosovietica, quindi alleata di un nemico dell'Occidente, con tutte le conseguenze del caso: da un lato, conflitti di classe e scontro politico a livelli estremi; dall'altro, una sinistra continuamente sulle barricate, ossessivamente "anti-", molto poco riformista e men che meno progressista.
Crollato il Comunismo (1989-91), il Pci si sarebbe dovuto estinguere naturalmente, lasciando campo libero alle istanze riformiste, rappresentate in quel periodo dal Psi di Craxi. Invece avvenne il contrario: le inchieste giudiziarie sulla corruzione ("Tangentopoli" e "Manipulite") spazzarono via non solo i socialisti, ma anche la Dc e tutti i partiti moderati, spianando paradossalmente la strada agli sconfitti della Storia, ovvero ai comunisti o ex tali. I quali, nel frattempo, avevano sì cambiato nome, ma faticavano a mettersi alle spalle la loro storia. 
Di fatto restarono a metà del guado. Costretti a mettere in soffitta tutto l'armamentario ideologico del comunismo, ma incapaci nello stesso tempo di adeguarsi realmente all'ultradecennale esperienza delle socialdemocrazie europee, gli ex comunisti italiani, negli ultimi vent'anni, non hanno fatto altro che dilaniarsi tra la consapevolezza della necessità di riforme in senso liberista e anti-statalista e l'impossibilità di farle per mancanza di coraggio e per l'incapacità di fare una svolta ideologica decisa. Sicché i loro marchi di fabbrica sono diventati: a) la difesa tenace delle conquiste sindacali degli anni Sessanta-Settanta; b) l'ambientalismo esasperato quale surrogato dell'ostilità verso la proprietà privata; c) l'antiberlusconismo, ovvero l'odio contro un imprenditore miliardario diventato nel frattempo il leader della Destra (in pratica il nemico perfetto); d) una conseguente tendenza ad essere "anti-" e "contro", quindi poco inclini a indicare all'elettorato delle prospettive di cambiamento.
Il lungo excursus storico era doveroso per capire il contesto nel quale emerge la figura di Matteo Renzi. Un giovane che col passato dei leader del suo partito e della sua aerea politica non ha nulla a che fare e che, per ovvi motivi anagrafici, è inserito culturalmente ed esclusivamente nella nostra epoca, dagli anni Novanta ad oggi. A differenza dei suoi coetanei, tuttavia, ha carattere e coraggio, non ha paura di contrapporre le sue idee a quelle dei vecchi leader, dietro i quali non si nasconde per sfruttarne la scia, ma vuole scavalcarli perché sono semplicemente superati, come le loro idee.
L'Attaccabrighe non è pro-Renzi. Qui si sta tentando solo di fare l'analisi di un cambiamento ormai inevitabile. Quello di una politica che opera in un mondo diverso rispetto a quello del secolo scorso; un mondo in cui le differenze tra Destra e Sinistra sono sempre più sfumate e la praticità delle soluzioni ha la priorità rispetto all'ideologia. Questo accade negli altri Paesi. Dove la Sinistra non si fa dettare la linea dal sindacato estremista. E perciò nessuna sorpresa se le proposte di Renzi somigliano molto a quelle della Destra o se hanno dei connotati di populismo e di qualunquismo, perché in fondo, nel 2011, questi due termini non hanno necessariamente un'accezione spregiativa, se, come detto prima, un popolo oggi generalmente disinteressato alla politica chiede solo che questa garantisca, con soluzioni immediate e di buon senso, un minimo di benessere economico, di ordine e di pace sociale.
Renzi, per farla breve, ha tutte le caratteristiche che il leader politico moderno deve avere e che finora in Italia sono state incarnate solo da Berlusconi: abile nella comunicazione, decisionista, rapido e concreto nell'individuazione delle soluzioni necessarie a risolvere i problemi, concedendo poco o nulla all'ideologia.
Forse con Renzi (o con un altro come lui) sarà la volta buona che potremo superare il paradosso dell'Italia, dove i riformisti stanno a destra (o almeno ci provano) e i conservatori a sinistra.
PS Un consiglio a Renzi: un po' di sano anti-berlusconismo, a sinistra, ci vuole sempre. Magari meno patologico, meno ossessivo dei fan di Travaglio, ma alla quotidiana dose di anti-berlusconismo, seppur moderato, la Sinistra del 2000 non può rinunciare. Perché una Sinistra italiana senza nemici da combattere è un po' come una carbonara senza pancetta.            
    

Nessun commento:

Posta un commento