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Castigat ridendo mores

Attacchi al voto popolare e deliri di superiorità: gli europeisti hanno perso la testa

La Brexit ha fatto emergere il vero volto dei sostenitori dell'unità europea, i quali si stanno lanciando in proposte indecenti su possibili limiti al diritto di voto. Intanto sono partite campagne di stampa a pieno organico per prevenire nuove avventure referendarie


Dopo la Brexit stanno venendo fuori delle cose imbarazzanti, sotto alcuni aspetti divertenti, ma soprattutto molto rivelatrici sulla vera natura di certi partiti, dei loro esponenti e simpatizzanti, nonché di un fenomeno storico come l'Unione europea.
Sentendo parlare di "democrazia graduale", limiti al diritto di voto, patenti di cittadinanza (?), disprezzo per il voto degli ultra 50enni, capisco finalmente perché in tutti questi anni nessuno di questi AristoDem ha mai battuto ciglio sulla struttura antidemocratica dell'Unione europea, la quale - ricordiamolo - ha un governo (la Commissione) composta da membri nominati da lobby finanziarie e grandi industriali e che detiene, oltre al potere esecutivo, anche quello legislativo.
Evidentemente a queste forze politiche e ai loro elettori va benissimo che ci sia un direttorio elitario-oligarchico sovranazionale con poteri eccezionali e non controllabili.
 Non so se ridere o preoccuparmi nel vedere come certa gente stia mostrando il suo vero volto.

Intanto, la campagna martellante per dissuadere gli italiani dal fantasticare su eventuali avventure referendarie anti-Ue è già partita. Tutto il mainstream, con una organicità e una capillarità da fare invidia ai regimi totalitari, si è ancora più scatenato sui presunti pericoli di un'uscita da questo rigurgito neofeudale chiamato Unione europea. Ovviamente senza documentare mai nulla con dati reali, ma basandosi solo su congetture se non addirittura su argomentazioni risibili.
Insomma, il terrorismo mediatico la fa da padrone in queste ore mettendo d'accordo tutti: dalle tv di Berlusconi alla Rai controllata dal governo, da La7 a Sky tg24, dai grandi quotidiani a quelli di nicchia tipo Il Giornale o Il Manifesto.
Si presume che la strategia possa avere successo, perché si sa che gli italiani sono propensi a dare retta alle analisi sintetiche e superficiali, mentre per capire cosa sono veramente Unione europea ed Eurozona sarebbe necessario un approfondimento di carattere storico e tecnico-economico troppo impegnativo per l'elettore medio.


Del resto, con un'informazione così schierata, qualsiasi fandonia diventa verità inattaccabile se porta acqua al mulino europeista. E' il caso, per esempio, della sedicente petizione online lanciata nel Regno Unito all'indomani della Brexit per chiedere di ripetere il referendum. Per la stampa non solo quelle firme erano tutte rigorosamente britanniche, ma tra quei firmatari c'erano anche molti "pentiti". Resta un mistero su quali dati si basassero queste indicazioni. Ma tant'è: a distanza di ventiquattr'ore si è scoperto che non solo poteva votare chiunque, indipendentemente dalla nazionalità, ma che si poteva anche votare più volte. Insomma, una petizione con numeri ben poco attendibili, sulla cui scarsa credibilità peraltro il mainstream ha preferito sorvolare anche dopo che sulla rete era stata svelata questa mezza bufala.

Quanto al tema del voto degli anziani, evito qui di commentare la tragicomica situazione sociale che vede una generazione di giovani senza lavoro né futuro che si scaglia contro anziani con pensioni da fame. Dico solo che se i giovani che una volta credettero nell'Europa unita, oggi, da anziani, non vedono l'ora di scappare, sarebbe il caso di chiedersi il perché di questo ravvedimento, invece di trattarli alla stregua di vecchi babbei con lo sguardo rivolto al passato. Sul ruolo delle nuove generazioni, invece, da un po' di tempo vado controcorrente, avendo maturato la convinzione che ci sia ben poco da fidarsi dei giovani e della loro capacità di incidere nella sfera politica. Nonostante un livello di istruzione mediamente molto elevato, sia da candidati che da elettori dimostrano di avere non solo scarse conoscenze, ma anche una visione della società superficiale e poco proiettata al futuro, oserei dire "alla giornata", il che non è colpa loro visto che riflette le loro condizioni lavorative e di vita. Ma resta il fatto che, prima di osannare il ruolo degli under 30 nella politica, bisognerebbe metterli nelle condizioni economiche e sociali per contare (e per capirci) qualcosa.