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Castigat ridendo mores

La triste parabola dei futuristi: da nuovo centrodestra a vecchia Dc

Dovevano rifondare il PdL dopo averne raccolto i cocci. Ora sono ridotti a percentuali dello zero virgola e sperano in un Monti-bis per non sparire. Ecco come l'avventura dei finiani si è trasformata nell'ennesimo suicidio politico nel centrodestra

Tutto cominciò in un famoso congresso di fine aprile. Era il 2010, ed erano passate appena due settimane dalle elezioni regionali. Un trionfo per il centrodestra e per il suo leader, usciti incredibilmente vincitori dopo una campagna elettorale thriller, costellata da liste cancellate, crisi economica, guai giudiziari e gossippari del premier. Alla Sinistra il risultato aveva provocato uno psicodramma, e non solo per la sorprendente vittoria di Renata Polverini nel Lazio. Evidentemente, però, la delusione non si era consumata solo a sinistra, come si potè constatare nel congresso del PdL, in programma tra il 21 e il 23 aprile.
Fini, in quanto presidente della Camera, si era rifiutato di fare campagna elettorale e di dare una mano al partito dopo lo scandalo della lista del PdL cancellata nel Lazio. I suoi rapporti con Berlusconi erano pessimi ormai da un anno, anche a causa delle continue sortite del presidente della Camera, spesso critico nei confronti del governo malgrado l'innegabile consenso di cui quest'ultimo godeva nel paese, e che i risultati delle "regionali" avevano confermato una volta di più. La scelta di Fini di chiamarsi fuori dalla campagna elettorale aveva forse dato il colpo di grazia ad un rapporto ormai frantumato.
Ma tant'è: il centrodestra aveva trionfato, il PdL veleggiava vicino al 40 per cento, Berlusconi, nonostante gli imbarazzanti scoop giornalistici sulla sua vita privata (altri ne sarebbero arrivati, e anche peggiori), era di fatto inattaccabile. Che ci potesse essere uno scontro tra i finiani e la maggioranza del partito era prevedibile, ma che Fini facesse il kamikaze francamente no. Fu quello che invece avvenne.
Comincò lì, da quel "che fai, mi cacci?", il duplice omicidio politico di Fini. Quello, inspiegabile e senza senso, del governo, che da quel momento iniziò a navigare in acque agitate, sempre sul filo di un naufragio molte volte sfiorato; e quello, assurdo e imprevedibile, di se stesso e della destra italiana, letteralmente immolata sull'altare delle ambizioni personali di un uomo che improvvisamente perse la bussola, quando non addirittura il senno.
All'inizio, a dire il vero, non sembrò così. Anzi, Fini diede a molti l'impressione di essere davvero l'uomo giusto per dare avvio ad una nuova stagione. Aveva dalla sua numeri non trascurabili e anche l'appoggio dei giornali della sinistra, che cominciò a coccolarlo nella speranza di usarlo come strumento per liberarsi di Berlusconi. I finiani si unirono in un nuovo soggetto politico, "Futuro e Libertà per l'Italia", e i consensi attorno alla nuova creatura cominciarono a crescere. Il feeling con la sinistra, tuttavia, era tanto effimero quanto ridicolo, e persino giornalisti di grande spessore come Giovanni Floris ed Enrico Mentana toccarono il punto più basso della loro carriera con le numerose interviste e "ospitate" di Fini e del suo fido Bocchino, trattati con una a riverenza tratti imbarazzante.
La parabola dei finiani, comunque, cominciò a scendere molto presto. Fallito infatti il tentativo di abbattere il governo Berlusconi (voto di fiducia del 13 dicembre 2010), Fini non potè fare altro che passare all'opposizione alleandosi con i centristi, ovvero con l'ex alleato di un tempo Casini, altro possibile erede dello scettro del centrodestra, ma autoeliminatosi con scelte politiche infelici e sfigatissime (praticamente un precursore di Gianfry).
Iniziava l'era del Terzo Polo, mentre Fli cominciava a crollare verso percentuali dello zero virgola, risultato al quale la meschina vicenda della casa di Montecarlo ha dato un contributo non irrilevante. I kapò dell'Ue, intanto, decidevano che il governo Berlusconi non faceva al caso loro e puntuale arrivava la caduta della maggioranza alla Camera, con il Cavaliere costretto a dimettersi. Fini and company, dal canto loro, non perdevano tempo per andare in ginocchio da Monti, il professore bocconiano scelto da Napolitano per traghettare il paese verso l'euro-salvezza, o euro-disgrazia, dipende dai punti di vista. Fini, in ogni caso, non potè fare altro che archiviare il suo progetto di rifondare il centrodestra. Un'idea, la sua, fallita sul nascere.


Il resto è storia recente. Fini-to nel dimenticatoio, e per giunta all'ombra di Casini ("il morto di tattica", cit. Bersani), Fini oggi è un protagonista secondario del Terzo Polo, coalizione che, pur volendo mantenere le distanze da Montezemolo, ha appena annunciato di puntare anche lei al Monti-bis. Dio ce ne scampi. Ma nel caso in cui questa eventualità dovesse verificarsi, è assai facile prevedere che Terzo Polo e Montezemolo saranno una cosa sola. Sarebbe fin troppo scontato, a questo punto, scomodare le solite dietrologie, del tipo che Fini è stato solo un burattino manovrato da altri più in alto di lui. Già, troppo facile, perché fin troppo evidente.
Riassumendo in poche parole l'avventura del nostro presidente della Camera, si può dire che Fini sia passato da futuro leader designato del centrodestra ad aspirante ricostruttore dello stesso. E da fuoriuscito incompreso ad accattone di qualche poltroncina. Una parabola veramente triste, la cui fine è stata sancita dall'episodio dei funerali di Rauti, dove per poco qualche gruppo di fascisti nostalgici (diciamo pure di quelli che lui non è riuscito a far "evolvere") non gli faceva la pelle.
E' stato l'uomo che stava modernizzando la destra, e che di sicuro ne ha permesso lo sdoganamento. Ha provato poi a rifondare il centrodestra, ma ha clamorosamente sbagliato il momento, anche se forse convinto da altri (interessati) ad agire in quel modo. La destra, invece, ne è uscita completamente sfasciata, mentre il destino di Fini è ormai quello di inseguire governi tecnici al servizio dell'euro-delirio, morendo praticamente da democristiano. Fine.

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