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Castigat ridendo mores

Uscire dal pantano dell'Euro è possibile: ecco come

Zero disoccupazione, zero inflazione: è l'Italia senza Euro. Possibile? Il gruppo di economisti che ha salvato l'Argentina sta divulgando da mesi un piano per il nostro paese... 

(Continua dal precedente articolo Capire perché questo Euro ci ridurrà alla fame). Uno Stato formalmente sovrano, ma di fatto schiavo dei mercati finanziari; costretto sempre ad avvitarsi su se stesso perché impossibilitato ad indebitarsi quando ciò si rende necessario (come appunto oggi), diversamente da quanto possono fare i paesi con moneta sovrana (vedi Usa, Giappone, Gran Bretagna). Uno Stato che, oltre a non poter mai indebitarsi creando ricchezza netta nel contenitore dei cittadini privati, non ha nemmeno una propria moneta e che di conseguenza deve restituire con gli interessi ogni singolo Euro che prende in prestito dai mercati finanziari. Questa, in sintesi, è la situazione dell'Italia di oggi e degli altri paesi della zona euro, che è stata delineata nel precedente articolo e in altri pubblicati negli ultimi mesi.
Il sistema nel quale siamo inseriti è tale da rendere impossibile - utopia pura - un rilancio dell'economia, se non nel caso di un ribaltamento totale degli accordi tra i paesi dell'eurozona. In pratica, per invertire un trend che lentamente ed inesorabilmente porterà all'economicidio dell'Italia e di gran parte dei paesi dell'eurozona, tutti i partner europei dovrebbero mettersi d'accordo su una modifica radicale dei trattati. Vedremo ora quali sono le possibili soluzioni e si giudicherà poi alla fine quanto queste ipotesi siano realistiche.

Dunque su quali cambiamenti dovrebbero trovare un accordo i paesi dell'Euro? Partiamo dal presupposto che, in tal caso, si dovrebbe fare un passo in avanti verso una più autentica unione delle nazioni che hanno sottoscritto i precedenti trattati di Maastricht e Lisbona. Ipotesi numero uno: si autorizza la Banca centrale europea a farsi garante dei debiti dei paesi dell'eurozona e quindi ad acquistare, in caso di necessità, i loro titoli del debito pubblico emettendo nuova moneta. Per farla breve, si dà mandato alla Bce di comportarsi come la Federal Reserve americana e di aiutare i paesi in difficoltà immettendo nelle loro economie bigliettoni di Euro inventati dal nulla. Risulta evidente, in questo caso, che potrebbe verificarsi la possibilità di un paese (ad esempio la Germania) che in un determinato momento non necessiti di un intervento del genere e che però si ritroverebbe una moneta svalutata e una probabile inflazione, il tutto a causa dei problemi altrui (per esempio dell'Italia o della Grecia).

Ipotesi numero due, più radicale della prima: si va verso l'unione totale delle economie dell'eurozona, creando un ministero del Tesoro europeo e, soprattutto, sommando i debiti sovrani in un unico debito europeo e con un unico titolo di Stato europeo, fermo restando che la Bce potrebbe sempre svolgere il compito di cui all'ipotesi numero uno. Tutto ciò, naturalmente, implicherebbe che la Germania, la Francia, l'Olanda e così via accettassero di inglobare il debito dell'Italia, della Grecia, della Spagna, del Portogallo, dell'Irlanda, della Slovenia.

Immagino che quando in Italia qualche sprovveduto parla di "vera unione europea" si riferisca alle ipotesi descritte sopra. E immagino anche che si renda conto di quanto siano campate in aria, forse irrealizzabili, nel migliore dei casi futuribili, ma in un futuro molto lontano. Ad una svolta di quel tipo si potrebbe sì arrivare, ma solo quando tutti i paesi dell'eurozona, nessuno escluso, saranno alla canna del gas. Il problema è che quando la Germania sarà alla canna del gas non oso immaginare in quale sperduta regione della Cina sarà immigrata la maggior parte di noi.
Se si ricorda quanto scritto nel precedente articolo si può facilmente comprendere in quale trappola siamo andati a finire. Ne possiamo uscire? E se sì, ci sarà un prezzo da pagare? Su questo punto le opinioni sono assai discordanti, ma c'è qualcuno che ha dimostrato che un'uscita dell'Italia dall'Euro non provocherebbe nessuna catastrofe. Anzi, questi economisti hanno addirittura ipotizzato una paradossale ipervalutazione della nuova Lira. Ma questo è un dettaglio, quello che interessa è capire come reagirebbe l'economia ad un'uscita dell'Italia dall'eurozona, quindi ad un ritorno ad una moneta sovrana, effettuato però non in modo disordinato, ma seguendo un piano preciso che un team di economisti ha elaborato apposta per l'Italia.

Gli esperti in questione sono gli americani della Mosler Economics, i quali da circa un anno stanno cercando di divulgare in Italia la loro Modern Money Theory (MMT) con il contributo fondamentale del giornalista Paolo Barnard. L'esponente di maggior spicco di questa scuola di economia è Warren Mosler che con i suoi colleghi ha elaborato un Piano di Salvezza nazionale per l'Italia fondato proprio sulla MMT. Occorre precisare che questa teoria che si ispira al modello keynesiano è stata in massima parte applicata già dai governi argentini, con il risultato di risollevare un paese praticamente fallito. Oggi l'Argentina è una nazione con tassi di crescita tra i più alti al mondo.
Il piano che dovrebbe seguire il governo che decidesse di far tornare l'Italia ad una moneta sovrana si basa su un assunto fondamentale, più volte spiegato sulle pagine di questo blog: è impensabile che lo Stato possa mantenere i conti sempre in pareggio, il debito dello Stato equivale alla ricchezza dell'economia reale e uno Stato con una propria moneta sovrana può emetterne potenzialmente senza limiti. Proprio la possibilità di stampare moneta senza alcun vincolo consentirebbe allo Stato di creare piena occupazione, che è il dato più importante per l'economia di un paese. Va da sè che se lo Stato può abbassare la pressione fiscale in maniera significativa, coprendo il disavanzo con l'emissione di nuova moneta, la ripresa dell'economia sarebbe una logica conseguenza perché tornerebbero a crescere produzione, occupazione e consumi. Ma se ciò non dovesse accadere in tempi brevi, lo Stato potrebbe intervenire direttamente creando posti di lavoro temporanei, che poi saranno in seguito trasferiti al settore privato quando questo sarà in grado di assorbirli. E' evidente comunque che la possibilità per lo Stato di fare deficit è il modo migliore per imprimere spinta all'economia del paese e in particolare alle aziende. La piena occupazione è l'obiettivo principale di questo piano, anche perché non bisogna dimenticare che lo Stato non avrebbe più quella enorme spesa per gli ammortizzatori sociali che invece deve sostenere oggi, mentre dall'altro lato aumenterebbe la ricchezza da tassare.

C'è poi la questione del debito. Il piano spiega che "i creditori potranno sempre ottenere il saldo dei loro crediti in Lire, ma se insisteranno nel pagamento in Euro dovranno sottomettersi alla discrezionalità del governo italiano se ripagare in quel­la valuta, quanto ripagare e quando". Specifica inoltre che "all'atto della liquidazione di quei titoli con relativi interessi, accade il pro­cedimento inverso. Tutto accade dentro la Banca d'Italia. Se i titoli sono denominati in una valuta sovrana come sarebbe la nuova Lira, non esiste possibilità di un default sui pagamenti, proprio perché si tratta di cifre elettroniche che vengono passate da un conto all'altro dai computer del­la Banca d'Italia, ed essa non può esaurire i numeri, gli impulsi elettronici, neppure quando si tratta di liquidare gli interessi dovuti."

La principale paura legata ad un ritorno alla Lira è l'inflazione. Qualcuno è arrivato addirittura a ventilare l'ipotesi di un'inflazione a due, persino tre cifre. Insomma uno sfacelo. Niente di più falso.
La piena occupazione aggiunge una spinta produttiva di beni e servizi enorme, ed essi vanno a pareggiare la massa monetaria cir­colante, impedendo alta inflazione. È noto infatti che sa­lari pagati a persone che non producono, aumentano la domanda (denaro disponibile da spendere) ma non la produzione di beni e servizi, e questo può causare inflazione. La temuta iperinflazione è impossibile se il paese gode di piena occupazione. Ma gli esperti della Mosler economics si spingono ad ipotizzare uno scenario ancora più sorprendente: "Il governo italiano che abbandona l'eurozona non dovrà temere la svalu­tazione, e probabilmente dovrà gestire il problema opposto. Si consideri il principio precedentemente stabilito: il governo tasserà da subito nelle nuove Lire e spenderà da subito nella stessa valuta. Questa valuta sarà a tasso variabile e libero sui cambi. Le due precedenti azioni del governo creano un'immediata richiesta na­zionale su larga scala della nuova valuta per pagamenti di tasse e normali transazioni. Dunque la nuova Lira, non essendo presente, sarà scarsa e crescerà di valore. Inoltre il settore privato ricorrerà alla vendita degli Euro ancora in suo possesso per ottenere le Lire necessarie a tasse e pa­gamenti, e questo di nuovo porterà a una valutazione delle Lire sugli Euro. Esattamente il contrario di quanto ventilato dai 'terroristi' dell'ab­bandono dell'Eurozona. Gli stessi processi valgono per gli attori stranieri che lavorano con l'Italia". E inoltre "non si dimentichi che l'uscita dell'Italia dalla zona Euro si­gnificherebbe con tutta probabilità uno shock fatale per questa moneta, con una sua conseguente ipersvalutazione a causa della perdita totale di credibilità dell'intero sistema. Sarà l'Euro a svalutarsi, non la Lira, che al contrario, potrebbe addirittura apprezzarsi eccessivamente."
 
Qui, come si vede, siamo in presenza di previsioni completamente ribaltate rispetto a quanto sostiene la vulgata. Nel piano si passa poi a spiegare che l'Italia dovrà opporsi all'esistenza, nel proprio territorio, del settore finanziario speculativo e che, pur riconoscendo l'importanza del risparmio, bisognerà invertire la tendenza degli ultimi decenni che ha visto le politiche gover­native incentivare le previdenze integrative e i risparmi finanziarizzati di ogni sorta e tipo. Essi rappresentano masse enormi di liquidità sottrat­te alla Piena Occupazione e alla piena produzione nazionale, cioè alla ricchezza reale, e spesso poi impiegate nel distruttivo settore finanziario speculativo. Sarà lo Stato che spende a deficit a fornire alla cittadinanza tutti i beni e servizi pubblici per ottenere i quali oggi siamo incentivati a quelle forme deleterie di risparmio.
Come affrontare, infine, un'eventuale fuga di capitali all'estero all'indomani del ritorno alla Lira? Il problema non si pone neppure, secondo il team di Mosler, visto che si tratterebbe di uno spostamento di cifre elettroniche: "In un'Italia con moneta sovrana, libe­ramente scambiata a tasso variabile, le Lire passeranno di mano, ma non andranno letteralmente da nessuna parte, nel senso che passeranno da un computer di una banca italiana a quello di una banca straniera, ma sempre all'interno della Banca d'Italia, come crediti che si spostano da un conto all'altro al suo interno. Il reale problema della fuga di capitali esisteva quando le valu­te erano convertibili in oro, il cosiddetto Standard Aureo. Infat­ti il venditore della valuta poteva pretendere di incassare oro e portarselo fuori dalla nazione debitrice."
 
Il programma completo della MMT si può trovare su Internet, ma già questa descrizione di massima smentisce totalmente molti luoghi comuni riguardanti l'Euro e un suo eventuale abbandono. Purtroppo l'Euro non è solo una questione economica, e infatti quando lo si mette in discussione ci si rende subito conto di sbattere contro un muro ideologico edificato in anni e anni di lavaggio del cervello. Una breccia in questo muro si sta lentamente aprendo. Di fronte ad un ulteriore peggioramento della situazione economica potrebbe crollare del tutto.    

Capire perché questo Euro ci ridurrà alla fame

Tre o quattro cose sulla moneta unica che i politici (quei pochi che sanno) non possono dirvi perché vi terrorizzerebbero

"Nel nostro tempo la sventura consiste nell'analfabetismo economico, così come l'incapacità di leggere la semplice stampa era la sventura dei secoli precedenti". Oggi queste parole che Ezra Pound scrisse più di cinquant'anni fa sembrano più che mai calzanti con l'attuale situazione economica e culturale, perché se ci ritroviamo in una condizione sempre più vicina allo sfacelo il motivo è da ricercare nel lavaggio del cervello al quale tutti, a cominciare dagli stessi uomini politici, siamo stati sottoposti negli ultimi trent'anni.
Ci è stato infatti inculcato nella mente che il debito dello Stato è un mostro in grado di divorare un'economia anche solida. E dopo che il terreno fertile era stato creato (imprimendo questo concetto nelle menti di tutti), è stata poi inventata la moneta unica europea, l'Euro, la moneta della stabilità: così stabile e così immune alla svalutazione e all'inflazione che nessuno Stato può emetterla, dato che può essere solo chiesta in prestito al mercato dei titoli. Spiegherò tra poco.
Chi segue il blog credo abbia avuto già una dimostrazione esauriente che il debito dello Stato non è affatto un pericolo per l'economia, anzi: per lo Stato, in determinati momenti, è assolutamente necessario indebitarsi, perché solo lo Stato può immettere ricchezza al netto nel circolo della ricchezza privata. Nessuno di noi, infatti, può creare ricchezza nuova. Per qualcuno che si arricchisce c'è qualcun altro che si indebita o si impoverisce e così via, in un circolo che funziona autonomamente solo quando il denaro viaggia velocemente.
Sappiamo tuttavia che il circolo della ricchezza privata, ciclicamente, può rallentare o arrestarsi per svariati motivi (una eccessiva tendenza al risparmio, disfunzioni del tessuto economico, uno schock esterno etc.), lasciando molti cittadini in condizioni di difficoltà. A quel punto solo lo Stato può intervenire per rimettere in moto il circolo, aumentando la spesa a parità di entrate oppure diminuendo le proprie entrate, dunque le tasse, a parità di spesa. In entrambi i casi indebitandosi per un breve periodo, il tempo necessario per rilanciare l'economia. Questo concetto che prima degli anni Novanta era assodato e accettato da tutti, ora, chissà perché, è completamente scomparso, e quei pochi che oggi provano a farlo ritornare, come gli economisti della Modern Money Theory, sono bollati come eretici. Non solo, da qualche mese ci è stato anche imposto il pareggio di bilancio. Da quest'anno, infatti, l'Italia sarà obbligata sempre ad avere i conti in pareggio perché così è stato recentemente scritto nella Costituzione. Vietato fare deficit (il disavanzo annuale), il che vuol dire condannare l'economia ad un'agonia lenta ed inesorabile.
Il motivo è semplice: se il debito non lo può fare lo Stato, chi lo fa? Risposta ovvia: lo facciamo noi, con le banche. Lo dimostrano i fatti: l'economia italiana non è ancora collassata proprio perché il risparmio, mediamente, è molto elevato (per ora), e ciò comporta che anche le banche siano in buone condizioni, tanto che nessuna banca italiana è fallita da quando è scoppiata la crisi. Viceversa, l'economia della Spagna è allo sfascio perché i cittadini hanno pochi risparmi e molti debiti con le banche, a loro volta con le casse vuote. E si badi bene che la Spagna è il primo paese più virtuoso in Europa in relazione al rispetto dei parametri di Maastricht, visto che ha ancora oggi un buon rapporto (70 per cento) fra debito dello Stato e somma dei redditi lordi dei cittadini (Pil): vale a dire che il paese ha un Pil uguale a 100 e il debito dello Stato è 70. Ciò nonostante, la Spagna, in questo momento, ha dati economici al livello della nostra Calabria e paga interessi sul debito molto più alti dei nostri. Credo che come esempio sia più che sufficiente per capire che il mostro vero non è il debito dello Stato, ma quello dei privati cittadini, tanto più che, quando è in corso una crisi, uno è alternativo all'altro. Se non c'è il primo c'è il secondo, e viceversa. Solo che il secondo è molto peggio del primo.
Le brutte notizie, purtroppo, non finiscono qui, perché a questo punto entra in ballo un altro fattore determinante per questa crisi che, rimanendo inalterate le cose, ci porterà alla catastrofe: l'Euro. In effetti oggi lo Stato potrebbe anche decidere di indebitarsi ulteriormente, cioé di produrre dei deficit annuali significativi (vale a dire superiori allo striminzito 3% consentito dai parametri di Maastricht), nel tentativo di rilanciare l'economia. Ma come ripagherebbe poi quei deficit di bilancio? Prima della moneta unica si ricorreva ad un sistema che ancora oggi adoperano gli Usa con il dollaro, il Giappone con lo yen, la Gran Bretagna con la sterlina: si copre il debito, o una parte di esso, imponendo alla banca centrale l'acquisto di una parte dei titoli del debito pubblico attraverso l'emissione di nuova moneta, correndo sì il rischio ipotetico di provocare inflazione, ma con la certezza di poter far fronte agli impegni di spesa senza dover dipendere interamente dall'aiuto degli altri.
Con l'Euro, invece, non funziona così perché non è una moneta sovrana. Quando l'Italia, per esempio, ha bisogno di una certa quantità di Euro per coprire un disavanzo annuale (o per pagare il vecchio debito accumulato, in effetti negli ultimi vent'anni abbiamo fatto solo questo) chiede i soldi in prestito al mercato dei titoli finanziari. In pratica lo Stato vende le proprie "azioni", incassa i soldi, e alla scadenza di quei titoli (Btp, Bot, Cct) restituisce il denaro agli investitori con l'aggiunta di un interesse. E' questo l'unico sistema con cui lo Stato può avere Euro quando le entrate tributarie non sono sufficienti per far fronte alle spese (non è il caso dell'Italia degli ultimi vent'anni) oppure quando deve restituire agli investitori il denaro ricevuto "in prestito" precedentemente, più gli interessi. In parole povere l'Euro si prende solo in prestito a interesse dai mercati finanziari, nessuno Stato dell'eurozona può emetterne a propria discrezione e la stessa Banca centrale europea lo fa solo in casi eccezionali. Morale della favola: gli Stati dell'eurozona diventano come un privato cittadino, se si indebitano devono ripagare il debito contratto con tutti gli interessi. Il che vuol dire, quindi, che lo Stato - come spiega ormai da anni il giornalista Paolo Barnard - non ha ability to pay, non è in grado di onorare autonomamente un debito e dipende interamente dai mercati finanziari, i quali per ovvi motivi hanno, come si suol dire, "il coltello dalla parte del manico" e possono quindi chiedere allo Stato gli interessi che vogliono. Lo Stato, dal canto suo, non può rifiutarsi di vendere se ritiene gli interessi troppo alti perché, non avendo una propria moneta sovrana, dipende totalmente dal mercato. Ecco dunque spiegato dove nasce la speculazione. Non è un caso che il Giappone (200% di rapporto debito/pil) o la Gran Bretagna (149% debito/pil), non vengano presi di mira dagli speculatori, pur avendo finanze pubbliche più disastrate delle nostre: possono coprire i debiti con propria moneta e dipendono dai mercati fino a un certo punto. 
L'unica cosa che l'Italia può fare, di conseguenza, è evitare di indebitarsi, ma questo poi comporta altre conseguenze spiegate all'inizio dell'articolo. E quand'anche lo Stato evitasse di produrre disavanzi di bilancio (il che, come dimostrato, è un disastro per l'economia), deve comunque pagare gli interessi sul debito contratto attraverso l'emissione di titoli e obbligazioni, e perciò neanche il pareggio è sufficiente: occorrerebbe produrre un avanzo, ma quando ciò non è possibile (anche perché significa chiedere sacrifici immani all'economia reale) abbiamo ancora bisogno dei mercati finanziari che ci prestano gli Euro.
La situazione, in definitiva, è quanto di più drammatico si possa immaginare: per l'economia, per la democrazia, per il nostro futuro. Chi ci ha portati dentro questa follia della moneta unica non sovrana, sapendo benissimo ciò che stava facendo, dovrebbe pagare. E pagare caro. Ma questo non succederà e francamente a questo punto non ci interessa più di tanto. Interessano invece le possibili soluzioni per uscirne fuori senza che la ritirata si trasformi in una rotta disastrosa. In realtà ne esistono pochissime, ma è già una buona notizia che ci siano, e alcuni esperti le hanno attentamente studiate. Ne parleremo prossimamente.
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