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Castigat ridendo mores

Le tante manine segrete che spinsero Mani Pulite

L'inchiesta milanese prese l'avvio nell'Italia post Guerra Fredda, piena di personaggi e fatti oscuri. Tra cimici, furti, spiate e un'infinità di gialli


(Da due articoli pubblicati su Libero da Filippo Facci). "Mani pulite fu la classica palla di neve che rotolò lungo il pendio della Repubblica e s’ingigantì: si tratta di capire quale e quanta neve abbia caricato. Antonio Di Pietro era senz’altro un personaggio ambiguo e chiacchierato, sino all’inizio del 1992: negli anni Ottanta aveva lavorato per un’intelligence antiterrorismo legata a Carlo Alberto Dalla Chiesa (l’ex magistrato sul punto è ancor oggi reticente) e non si è mai capito come mai, nel 1984, pur risultando un magistrato, partì per i tropici e stese un rapporto sul ricercato internazionale Francesco Pazienza: informazioni che poi giunsero al Sismi e fecero scattare altre azioni del Sismi: tanto che l’informativa di Di Pietro, nella sentenza del processo sul Banco Ambrosiano, venne definita «irrituale» dal giudice.
Altre polemiche forse fuorvianti, si ricorderà, fioccarono quando spuntarono delle fotografie in cui Di Pietro figurava a cena col funzionario del Sisde Bruno Contrada (poco prima che l’arrestassero: siamo alla fine del 1992) in presenza anche di un responsabile della Kroll Secret Service, la più grande agenzia d’investigazione d’affari del mondo, la cosiddetta «Cia di Wall Strett». Ora, e ancora, queste testimonianze dell’ex ambasciatore Usa Reginald Bartholomew che ha lasciato intravedere un certo attivismo del suo omologo Peter Secchia attraverso il braccio del console di Milano Peter Semler, come raccontato da Maurizio Molinari su La Stampa. Da qui l’immagine di un Di Pietro che cerca di accreditarsi in ambasciata (e che chiacchiera e preannuncia) e che lascia intravedere concorsi della Cia circa la genesi di Mani pulite: un quadro che resta improbabile.          
Vero è che Di Pietro era un ambizioso chiacchierone che cercava di accreditarsi dappertutto: anche a Bergamo, in precedenza, era finito nei guai perché durante un dopocena si vantò pubblicamente del prossimo arresto di due importanti avvocati che aveva già indagato e messo sotto intercettazione telefonica: si chiamavano Aldo Algani ed Ernesto Tucci, e a Bergamo, da qualche parte, c’è ancora il fascicolo, si suppone archiviato.
Vero è, ancora, che Di Pietro fece qualche viaggio americano all’inizio di Mani pulite: ma non fu un segreto e le foto del soggiorno, all’epoca, furono pubblicate anche dal settimanale Epoca: si vedono e lui e Nando Dalla Chiesa che sbirciano il menù di un fast food.
Ma soprattutto resta vero, a due anni dalla caduta del muro di Berlino, che l’Italia stava diventando un casino vero ed era un crocevia di riequilibri e impazzimenti tra est e ovest. Tutti scenari internazionali che indubbiamente, più che dare origine all’inchiesta Mani Pulite, non ne impedirono la nascita come in passato sarebbe probabilmente accaduto. Certo, una forza di controllo come la Cia poteva limitarsi a sorvegliare e consigliare, e l’ipotesi che possa aver favorito ben altro - soffiate, indicazioni di conti esteri, dritte su nascondigli e latitanze - per ora restano congetture e altro non si può dire.
La neve che s’attaccò alla palla, da principio, era fatta di un po’ di tutto, un nevischio prettamente milanese e fatto di andreottismi forcaioli in salsa meneghina, di anatemi curial-politici cari alla buonanima del cardinal Martini, del fuoco purificatore dei circoli tipo Società civile (frequentati da vari magistrati) e senza contare la Lega di Bossi.
Il che non toglie che l’inchiesta Mani pulite, intesa come procedimento contro Chiesa Mario, nacque in realtà non il fatidico 17 febbraio 1992, ma nel settembre 1991: ecco perché è stra-possibile che Di Pietro ne abbia ampiamente parlato a Peter Sempler ben prima appunto del febbraio 1992, circostanza che Di Pietro ha negato. Lo dimostra il fatto che la prima richiesta di proroga (senza la quale un’indagine, dopo sei mesi, dovrebbe essere chiusa) fu infatti del marzo 1992.
Il che non toglie, a sua volta, che nessun’ambasciata del mondo si sarebbe affidata a uno come Di Pietro. Come visto, era anche meno di un magistrato come un altro: era quantomeno chiacchierato e la sua vicinanza agli ambienti socialisti era nota. Il 2 dicembre 1991, quando l’intero corpo dei magistrati scioperò contro i pronunciamenti del capo dello Stato Francesco Cossiga, non meravigliò che tra gli otto che non aderirono ci fosse appunto anche Di Pietro, magistrato che l’Avanti! mandò immediatamente a intervistare in quanto – dissero al cronista, lo scrivente – «è amico nostro».
Su Libero abbiamo già raccontato di come i capi della Procura oltretutto fossero orientati senza tentennamenti a chiudere l’inchiesta chiedendo la direttissima: altro che abbattere la prima Repubblica. Le elezioni del 5 aprile 1992 - dopo le quali i magistrati si sentirono le mani più libere, come hanno ammesso - dovevano ancora deflagrare. Poi però lo fecero, e qualcosa accadde: anzi, aveva già cominciato ad accadere indipendentemente dall’inchiesta. Manine invisibili, servizi segreti deviati o meno, agenzie internazionali, la Cia, quello che volete: resta che il nostro Paese più di altri, dopo la fine della Guerra Fredda, era un porto di mare. Tra il 1989 e il 1996 accade di tutto."
 
Cimici, furti, spiate e bombe: quanti gialli nell'era del pool
 
"Nei primi anni di Mani pulite una trentina di case, uffici e studi vengono «visitati» non si sa da chi. Tra questi quelli dei parlamentari Arnaldo Forlani, Giorgio Postal (sottosegretario ai Servizi di sicurezza), Calogero Pumilia, Riccardo Misasi, Calogero Mannino, Guido Carli (a quest’ultimo rubano la chiave del suo studio privato al ministero del Tesoro), Gianni De Michelis, Carmelo Conte, Rino Formica, Margherita Boniver (nei giorni in cui presentava una relazione sul caso Moro), Carlo Vizzini, Alfredo Biondi, Giorgio Pisanò, Silvia Costa, Gianfranco Macis (della Commissione stragi, sostenne che cercassero alcuni documenti) e Giovanni Galloni (vicepresidente del Csm).
Il 9 gennaio 1991 Vincenzo Parisi, ascoltato dalla Commissione stragi, afferma che «vorrebbero fare dell’Italia una terra di nessuno». I Servizi segreti? «Escludo quelli di casa nostra». Il 19 giugno 1991, giorno in cui si apprende del trasferimento a Roma di Giovanni Falcone, viene visitato l’ufficio del ministro della Giustizia Claudio Martelli. Il 19 marzo 1992 viene visitato l’ufficio romano del ministro dell’Interno Vincenzo Scotti. Il 20 marzo 1992 viene visitato l’ufficio del sottosegretario alla Difesa Clemente Mastella. Nello stesso giorno viene visitato il monolocale del giornalista Michele Santoro.
Il 16 marzo 1992 l’agenzia Ansa trasmette d’intesa la notizia di una circolare del capo della polizia Vincenzo Parisi in cui si allertano i prefetti contro un fantomatico piano mirante a destabilizzare le istituzioni. «In tale ottica», spiega Parisi, «potrebbero inquadrarsi l’intrusione notturna negli archivi della Commissione parlamentare sul caso Bnl-Atlanta e la serie di furti e avvertimenti a danno di periti, consulenti, difensori, giornalisti, ufficiali di polizia giudiziaria connessi all’inchiesta condotta dal giudice Rosario Priore sul caso Ustica».
Dal giugno 1992 in poi circolò una quantità incredibile di verbali falsi, «veline» e dossier anonimi. Tra il 5 e il 6 luglio 1992, ignoti s’introducono nell’ufficio milanese di Bettino Craxi di piazza Duomo. Due porte blindate vengono superate senza scasso ma non viene asportato nulla. L’inquilina della porta accanto (peraltro, in quel periodo, intervistata da Piero Chiambretti), uscita nottetempo in pianerottolo per via di alcuni trambusti notturni, raccontò di essere stata così tranquillizzata: «Non si preoccupi, Pubblica sicurezza». Episodio analogo due giorni dopo al Club Turati di via Brera 18, dove Vittorio Craxi, figlio di Bettino, aveva un ufficio. Identiche modalità di scasso nell’ufficio di un’associazione di cui era presidente Anna Craxi. Visite notturne sono state denunciate anche da un legale di Craxi, Enzo Lo Giudice, e dall’ex segretaria Enza Tommaselli.
Il 5 febbraio 1993 una telefonata annuncia una bomba nell’ufficio romano di Stefania Craxi e Marco Bassetti. La Digos, intervenuta, non trova bombe ma, nell’appartamento adiacente, rinviene un calco della serratura dell’ufficio. Negli stessi giorni il deputato Dc Bruno Tabacci denuncia il ritrovamento di una microspia nella tasca laterale della sua automobile.
Nel marzo 1993 un inconoscibile personaggio offriva materiale (fotocopie di assegni della Cassa di Risparmio di Torino, tabulati, verbali di protesto) allo scopo di dimostrare che Giuseppe Davigo, padre di Piercamillo, avesse emesso assegni a vuoto per decine di milioni nel corso del 1992.
Il 16 aprile 1993 l’avvocato Giuseppe Lucibello scopre una microspia lungo il cavo telefonico del suo ufficio. Il 27 luglio 1993 bombe a Milano e a Roma. Ventidue minuti dopo la mezzanotte, Palazzo Chigi rimane telefonicamente isolato fino alle tre.
Nel dicembre 1993 e nel gennaio 1994 vengono visitati gli appartamenti romani di due deputati leghisti. L’onorevole Publio Fiori trova una «cimice» nella cornetta del telefono e un’altra viene trovata più tardi dai tecnici intervenuti per la bonifica.
Il 27 e 28 aprile 1995 vengono visitate le congregazioni di Piazza Pio XII e l’ufficio dell’arcivescovo argentino Jorge Mejia. Spariscono vari fascicoli riservati. Nell’agosto 1995 viene devastata e semidistrutta persino l’abitazione dello scrivente, come regolarmente denunciato. Vengono asportati alcuni documenti d’archivio. In un’altra visita del primo ottobre vengono asportati alcuni floppy-disk.
L’11 e 12 novembre 1995 vengono visitati gli uffici del dicastero del cardinale Joseph Ratzinger e messi a soqquadro. Vengono inoltre saccheggiati i cassetti del sottosegretario alla Congregazione monsignor Joseph Zlathansky (contenevano dossier in copia unica sulle carriere degli ecclesiastici). Il 29 novembre 1995 viene visitato l’appartamento del parlamentare Giuseppe Tatarella.
Il 4 febbraio 1996 viene visitato l’appartamento di Marco Pannella. Nello stesso periodo vengono visitati gli uffici di Willer Bordon e Clemente Mastella. Nel febbraio 1996 si apprende che erano stati intercettati per clonazione oltre duecento telefoni cellulari di politici, manager, giudici e giornalisti. Tra questi: i parlamentari Gianni Letta e Adolfo Urso, l’ex questore Achille Serra, alcuni dirigenti del Pds, della Rai, del Centro nazionale ricerca, della Consob, il giudice Michele Coiro, un generale della guardia di finanza e uno dei carabinieri, sette cronisti di La Repubblica e due dell’Ansa.
Il 21 marzo 1996 nell’appartamento del parlamentare Cosimo Ventucci irrompono quattro uomini vestiti come poliziotti. Lo immobilizzano, maltrattano la moglie e la figlia e spariscono senza asportare nulla. Il 6 luglio 1996 viene visitato l’appartamento del parlamentare Roberto Maroni."