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Castigat ridendo mores

E se la “nuova Dc” fosse nata per arginare la straordinaria crescita della sinistra antagonista?

L’accordo tra PdL e i moderati del Pd, che somiglia tanto a una riedizione dello scudo crociato, è stato siglato anche in funzione anti - sinistra radicale. La quale oggi, con Grillo e i delusi del Pd, vale quasi il 20 per cento

Del fenomeno Grillo e del movimento Cinque Stelle si è detto quasi tutto, sottolineando soprattutto il fatto che le ragioni del suo successo vanno cercate nel risentimento dei cittadini verso la classe politica, il cosiddetto “voto di protesta”. Questa spiegazione, tuttavia, appare troppo superficiale e riduttiva, anzi potremmo considerarla addirittura inattendibile, dal momento che il grillismo, pur avendo origine nella crisi economica e in quella dei partiti tradizionali, nasconde, in realtà, la rinascita di una cultura politica che in Italia si credeva fosse ormai in via d’estinzione.
 
Un’analisi ponderata del voto di febbraio farebbe emergere che Grillo ha pescato circa il 20% dei suoi voti nell’elettorato del centrodestra; un altro 30-40% lo ha trovato nei delusi moderati del Pd, mentre il restante 40 o 50% è da ricondurre alla galassia della sinistra radicale, a gran parte degli ex elettori di Di Pietro (pochi dei quali hanno votato per Ingroia) e a qualche ex elettore democrat che negli ultimi anni, pur riconoscendosi maggiormente nella sinistra massimalista piuttosto che in quella moderata, ha votato malvolentieri per il Pd nella speranza che quest’ultimo fosse o diventasse un soggetto politico marcatamente di sinistra.

Se la matematica non è un’opinione, questa analisi dimostra che l’elettorato riconducibile alla sinistra massimalista o radicale è cresciuto enormemente rispetto alle elezioni del 2008, dal momento che allo stato attuale può essere valutato in un 10 per cento collocatosi tra i grillini, a cui vanno aggiunti gli elettori di Vendola e quelli di Ingroia, per un totale che si aggirerebbe attorno al 15-16% dell’elettorato nazionale: dunque, una potenziale coalizione con numeri importanti e duraturi, che solo in minima parte può essere derubricata a “voto di protesta”. E che oltretutto potrebbe risucchiare altri elettori del Pd sia tra quelli attuali sia tra quelli che il 23-24 febbraio hanno votato per Grillo solo per manifestare la propria rabbia, ma che potrebbero trasformarsi in estimatori organici in quanto sempre più attratti dalle istanze radicali di quel movimento.
Morale della favola: della sinistra moderata non sono rimaste che le rovine. Fermo restando che questo blog è di larghe vedute e quindi aperto a tutte le esperienze, non ravvisando elementi di “male assoluto” nemmeno nella sinistra più estrema, è difficile non ammettere che risulti poco allettante l’idea che il paese venga governato – insieme a quel che resta dell’ala sinistra moderata del Pd – da Grillo, da Vendola, da Ingroia e da tutti gli arrabbiati e i giacobini della penisola, ovvero da un’area politica che include, per dirla con una grossolana metafora di Alfano, i famosi “comunisti sotto mentite spoglie”.
 
Potrebbe essere questa una delle ragioni che hanno spinto Berlusconi e i montiani a cercare un’intesa con l’area popolare e cattolica del Pd, seguita a sua volta (per il momento) da gran parte degli ex Ds. È comprensibile che quest’area politica che ricorda molto la defunta Dc sia allarmata dalla crescita della sinistra radicale e antagonista. Le larghe intese, quindi, altro non sono che una manovra per arginare il ritorno del pericolo rosso-arancione-viola. Ovviamente, è stata decisiva anche l’angoscia di Berlusconi di finire maciullato da una coalizione giustizialista Pd-Vendola-Grillo. Una paura che, a dirla tutta, è tutt’altro che svanita nell’ex premier, il quale a dispetto degli aut-aut lanciati al governo, sarà il più accanito difensore della santa alleanza. E a conti fatti, anche gli italiani potrebbero ringraziarlo per aver tenuto lontano Grillo da Palazzo Chigi.