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Castigat ridendo mores

Indignados? La vera incazzatura viene nel leggere le loro proposte

Il programma è un orrido mix di statalismo e populismo che fotografa esattamente la pochezza politica dei giovani di oggi. Chiedono il cambiamento, ma sono più vecchi dei loro nonni

Tanti applausi ai giovani indignados per il coraggio e per le nobili intenzioni. Il fatto che i giovani, per un attimo, abbiano mollato gli "happy hour" per dedicarsi alle questioni politiche è già di per sè una notizia da accogliere con esultanza.
I complimenti, però, finiscono qui. Perché nel leggere le proposte che il movimento spagnolo sorto nel maggio scorso ha inserito nel proprio programma di cambiamento (e al quale si rifanno i vari "indignati" di tutto il mondo), cadono letteralmente le braccia.
Dai giovani ci si attende sempre qualcosa di profondamente innovativo. E visto il contesto nel quale questa protesta è maturata, ovvero una crisi economica che fa intravedere un futuro fosco per il sistema capitalistico e per tutto l'Occidente, sarebbe stato lecito aspettarsi, da giovani con un livello di istruzione medio-alto, una serie di proposte improntate sulla correzione dei difetti e dei limiti che il capitalismo (in particolare il modello europeo) ha manifestato negli ultimi quarant'anni: quindi l'abnorme spesa pubblica, l'invadenza della politica nella società civile e nell'economia, la presenza di burocrazie e caste colossali e insaziabili, l'assistenzialismo, il parassitismo, la mancanza di meritocrazia nella pubblica amministrazione. L'inevitabile ricorso al debito e l'altrettanto inevitabile aumento delle tasse per cercare di ripianarlo.
Poveri noi illusi! Dal ventaglio di proposte saltano fuori delle idee che, se venissero applicate anche solo per il 50 per cento, ci farebbero piombare nella miseria nel giro di due-tre decenni. Già l'inizio è da brividi: si propone una riduzione della giornata lavorativa in modo da poter impiegare più persone (!). Da accogliere positivamente, invece, la proposta dell'età pensionabile a 65 anni per tutti, nonché gli incentivi per chi assume a tempo indeterminato. Ma naturalmente non può mancare il sussidio di disoccupazione, fissato a 426 euro, e qui si ripiomba subito nell'assistenzialismo più smaccato.
Ma d'altra parte cosa ci si può aspettare da una generazione vissuta con la presunzione che lo Stato sia una specie di Grande Madre dispensatrice di sussidi e assistenza per tutti? Difficile uscire da questo solco per giovani abituati a vivere alla giornata e incapaci di vedere al di là del proprio naso. Chiedono il cambiamento, ma in un certo senso sembrano più antiquati dei loro padri e persino dei loro nonni. Basta scorrere il programma, per accorgersi che è tutto un susseguirsi di nazionalizzazioni (a cominciare dalle banche in crisi), tasse patrimoniali, espropri (delle case costruite da privati, ma rimaste invendute), finanziamenti pubblici a destra e a manca, assunzioni nel pubblico impiego, drastica riduzione dei costi per beneficiare di servizi pubblici come l'università.
Un po' di lungimiranza viene fuori, finalmente, laddove si propone uno stretto controllo sull’assenteismo e sanzioni specifiche per chi non onori le proprie funzioni pubbliche, nonché l'equiparazione dello stipendio degli eletti al salario medio con la sola aggiunta dei rimborsi indispensabili all’esercizio delle funzioni pubbliche. Si chiede inoltre di eliminare sia l’immunità associata all’incarico che la prescrizione dei delitti di corruzione. Obbligatoria, infine, la pubblicazione del patrimonio di chiunque ricopra incarichi pubblici. Proposte, queste ultime, nelle quali emerge una visione un pochettino meno allegra e facilona dell'economia e della società, benché nella parte restante dell'elenco concorrenza e meritocrazia siano quasi banditi. E in ogni caso è abbastanza sconfortante il fatto che le parti più avanzate del programma siano contrassegnate anche da un'evidente rabbia giustizialista.
Una pacca di incoraggiamento per averci provato, ma se il patrimonio giovanile delle idee (politiche) è questo, si capisce il motivo per cui il peso (politico) dei giovani è quasi nullo. E tale resterà, se non ci decidiamo a tirare fuori qualche idea che superi i modelli ormai avariati dei nostri predecessori.

           

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