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Castigat ridendo mores

Ecco perché gli evasori e la "casta" non sottraggono nemmeno un euro alla ricchezza nazionale

I rubagalline nostrani vanno perseguiti per ragioni di giustizia sociale, ma tutto ciò non cambierebbe di una virgola la situazione economica del paese. La spiegazione scientifica è semplicissima


Continua dal precedente articolo Il debito pubblico non è un problema, anzi: è la nostra ricchezza.
Questa volta a ispirare il presente articolo è un mio ex alunno, uno dei più brillanti da me avuti, una mente davvero notevole con capacità nettamente al di sopra della media. Sulla pagina Facebook del blog ha commentato con le seguenti parole un link che riportava una famosa frase di Gandhi con la quale il padre dell'India libera sosteneva che il modo più efficace per abbattere un governo è non pagargli le tasse: "E anche per non avere i servizi di base", è stato il commento laconico del mio ex studente.
La sua è in realtà un'opinione diffusissima che approverebbe almeno il 90 per cento degli italiani. Si tratta però di un equivoco che nasce dalla convinzione (sapientemente alimentata dalle élite) che la spesa dello Stato sia finanziata dalle tasse. Ma le cose stanno in maniera diversa, anzi, direi opposta, rispetto a quello che la maggior parte di noi ha sempre pensato.
Uno Stato che possiede la propria moneta (non è il caso, come tutti sanno, degli Stati dell'Eurozona) non è costretto prima a incassare i proventi delle tasse per poi poter spendere. Al contrario: prima spende per i servizi e tutto il resto, originando in tal modo la moneta (altrimenti non si capisce quale sarebbe l'origine del denaro di uno Stato a moneta sovrana, come sono oggi gli Usa, il Giappone, la Gran Bretagna e quasi tutti gli Stati del mondo), e solo dopo tassa. A questo punto ci si potrebbe chiedere perché esistono le tasse, dal momento che lo Stato che ha la propria moneta non ha bisogno di incassare prima, per poi spendere. Se il prelievo fiscale non ha la funzione di finanziare la spesa dello Stato, a cosa serve? Serve innanzitutto a obbligare tutti i cittadini di quello Stato ad utilizzare solo la moneta emessa dallo Stato, visto che le tasse si possono pagare solo con quella valuta. Le tasse, in secondo luogo, servono ad arginare la crescita di oligarchie che potrebbero diventare più potenti dello Stato stesso (in tal senso, possono favorire anche una redistribuzione della ricchezza). Ma soprattutto, le tasse servono a drenare una parte della liquidità che lo Stato mette in circolazione nel momento in cui spende, così da evitare un eccessivo allagamento di moneta che rischierebbe di svalutarsi troppo (con conseguente inflazione). Il commento del mio ex alunno, ad ogni modo, non ha alcun fondamento. Lo Stato prima spende, immettendo denaro nel nostro contenitore (e generando direttamente o indirettamente TUTTI I NOSTRI REDDITI), poi tassa (prelevando lo stesso denaro dal nostro contenitore), dunque è sbagliato pensare che non pagare le tasse significhi impedire allo Stato di spendere. Non pagare le tasse è un reato da perseguire con la massima severità perché implica la trasgressione ad una legge dello Stato, ma non è un crimine sociale. Tornerò tra pochissimo su questo punto con degli esempi.
La questione cruciale da comprendere (e mi riallaccio a quanto scritto nel precedente articolo) è che lo Stato prelevi con le tasse meno di quanto ha speso, affinché l'economia privata (aziende pubbliche e private, lavoratori pubblici e privati, consumatori) registri un attivo, come spiegato nell'articolo precedente.
Se però lo Stato non possiede una propria moneta, è obbligato a tassare esattamente per quanto ha speso, cioè deve pareggiare i conti. Ma se lo Stato fa il pareggio di bilancio, significa che, fatta 100 la spesa dello Stato, il prelievo fiscale sarà come minimo uguale, quindi 100, il che vuol dire che all'economia privata resta zero. E se addirittura lo Stato fa l'avanzo di bilancio, l'economia privata registra automaticamente un passivo. Questa è la dimostrazione lampante che solo il debito dello Stato può creare ricchezza al netto nel contenitore dell'economia privata. Se invece lo Stato si pone come obiettivo il pareggio di bilancio, in primo luogo provoca in tal modo una matematica crescita zero dell'economia e un altrettanto matematico impoverimento; in secondo luogo, l'inevitabile calo dei redditi e dei consumi, la chiusura delle aziende, la disoccupazione rendono ancora più difficile il raggiungimento del pareggio perché lo Stato incassa sempre meno dalle tasse, sicché è costretto ad alzarle (o a spendere di meno per i servizi che ci fanno vivere bene e che generano dei redditi), ma questo provoca ulteriore impoverimento, ancora minori entrate dello Stato, maggiori difficoltà dello Stato nel pareggiare i conti, ancora più tasse o minori spese e così via. E' quella che Paolo Barnard, con una metafora tanto geniale quanto macabra, ha definito "chemiotassazione".
Nel precedente articolo ho accennato anche a chi e perché ha voluto questo sistema economico antidemocratico e disumano. L'argomento meriterebbe un lungo approfondimento che mi riservo di riportare in un futuro articolo. Per il momento basti sapere che le élite che hanno costruito questa gabbia intorno agli Stati, e in particolare a quelli che oggi fanno parte dell'Eurozona, annullandone la sovranità, hanno contemporaneamente fatto in modo che l'opinione pubblica si abituasse a pensare all'economia in modo esclusivamente "microeconomico", cioè in termini di pollaio. Veniamo così all'esempio promesso, quello degli evasori, che ci aiuta anche a capire meglio quanto scritto sopra a proposito di tasse che non finanziano la spesa pubblica.
Gli evasori fiscali, in effetti, non sottraggono nemmeno un euro alla spesa dello Stato, né possono incidere in alcun modo, con il loro malcostume/reato, sull'andamento dell'economia nel suo complesso. Si pensi al seguente esempio. Il mio meccanico ripara un guasto sulla mia auto e mi fa pagare per questa prestazione un prezzo di 100 euro senza emettere ricevuta, quindi senza pagare la tassa sui consumi, l'Iva. Lui incassa 100 euro puliti, io ne spendo 100. Se però il mio meccanico emette la ricevuta (prendiamo come esempio un'aliquota Iva del 20% che risulta più semplice per i calcoli), dovrebbe versare al fisco la quota sul valore aggiunto, quindi la differenza tra l'Iva pagata da me cliente (20 euro) e quella pagata da lui per acquistare i pezzi di ricambio (per esempio 8 euro per un pezzo pagato 40). Il meccanico dovrebbe versare al fisco 12 euro (20-8), incassando così 12 euro in meno, mentre lo Stato ne avrebbe 12 in più da utilizzare per i servizi. Il risultato sarebbe: 12 in più allo Stato per la sua spesa, ma 12 in meno al meccanico per i suoi consumi/investimenti. Il saldo è esattamente zero: per un servizio in più dello Stato, ci saranno dei consumi in meno dello stesso valore da parte del meccanico. Zero, non cambia l'andamento dei consumi, né quello delle aziende, né quello dell'occupazione, né quello dei risparmi. Il pil è sempre lo stesso. Naturalmente il meccanico potrebbe anche aumentare il prezzo, ma ciò non cambierebbe nulla: ci sarebbe un prezzo maggiorato (ad esempio 125 euro), ma per qualcuno che guadagna di più (Stato e probabilmente meccanico) ci sarà qualcun altro (il cliente) che perderà la stessa identica somma.
Potremmo fare un esempio simile anche in un altro contesto. Se un ricco disonesto (che sia un politico truffaldino o un evasore fiscale o un corrotto etc.) riempie due carrelli e mezzo della spesa, mentre io, povero e onesto, ne riempio soltanto mezzo, questa è un'intollerabile ingiustizia sociale, dal momento che la causa di questa grande differenza è un arricchimento non trasparente o magari una tassazione non abbastanza progressiva. Se si riuscisse a sanare questa situazione di iniquità, potrebbe succedere, sempre per esempio, che il ricco riempirebbe due carrelli della spesa, mentre io ne riempirei uno intero. C'è maggiore giustizia, non c'è dubbio, ma i carrelli della spesa erano tre in tutto e sono rimasti tre. E' cambiata la situazione di due redditi familiari, è stata fermata o attenuata un'ingiustizia, ma per l'economia nel suo complesso non è cambiato nulla: rimane identico l'andamento dei consumi, delle aziende, dell'occupazione, dei risparmi.
L'incapacità di ragionare in termini "macroeconomici" ci porta a pensare che l'evasore o il disonesto sottraggano risorse al sistema. Falso. La ricchezza che loro nascondono, infatti, prima o poi ritorna nel circuito economico sottoforma di consumi/investimenti. Punire la loro disonestà è un doveroso atto di giustizia, anche economica, ma ad un livello familiare, dunque "microeconomico". Non ha nulla a che vedere con l'andamento complessivo dell'economia. E si badi bene che fin qui ho fatto finta di ignorare il fatto che oggi molti evadono per sopravvivere.
Tutto questo serve a farci capire una volta di più che il vero "furto" che realmente sottrae risorse al benessere comune, è l'idea che lo Stato spenda quanto tassa o addirittura meno di quanto tassa. E' l'idea folle, perché
antieconomica e antidemocratica, del pareggio dei conti. Non la "casta" che si fa pagare indennità da capogiro, che pure è un'ingiustizia, ma che rimane confinata nel ramo dell'equità sociale e dell'economia della singola famiglia (tu guadagni più di quanto dovresti o meriteresti e io meno di quanto meriterei): sanando l'ingiustizia si compie un atto doveroso, ma il pil, se è in caduta libera, continuerà a precipitare, idem per le aziende, l'occupazione, i consumi. Solo lo Stato, con il suo debito, può creare ricchezza nuova. In caso contrario, sarà sempre costretto a fare come Renzi, ovvero il gioco delle tre carte: tolgo 10 di là e li sposto di qua. Sarà soddisfatta la categoria che ha registrato +10, incazzata quella che registra -10. Ma il saldo per l'economia nazionale è zero. Finché continueremo ad assecondare l'idea che l'economia sia solo un pollaio in cui ci si becca per la stessa identica quantità di mangime, non avremo nessuna speranza di affrancarci da questa condizione di inarrestabile declino.
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