Non
è un complotto ordito in una stanza buia, no. L’Eurozona è un esperimento fatto
alla luce del sole, anche se senza mai chiamare in causa direttamente il
popolo. Ad ogni modo, la sua forma e il modello socio-economico a cui si ispira
sono scritti a lettere di fuoco in Trattati sovranazionali scelleratamente
firmati da tutti i paesi membri. Ho avuto modo di parlarne già alcuni mesi fa,
qui mi limiterò a riassumere i veri obiettivi dei Trattati di Maastricht (1992)
e Lisbona (2007).
In
numerose occasioni ho scritto che l’Eurozona ha annientato l’unico vero modello
economico in grado di garantire il benessere comune. Ricapitolando
telegraficamente: lo Stato con moneta sovrana è il monopolista della moneta che
lui emette spendendo. Nel momento in cui crea la moneta effettuando la propria
spesa, lo Stato versa quella moneta nel contenitore dell'insieme dei cittadini, generando
direttamente o indirettamente TUTTI I REDDITI ESISTENTI: dei dipendenti pubblici e
privati, dei lavoratori autonomi, degli imprenditori, della classe politica, di
tutti. Attraverso le tasse preleva poi solo una parte di quel denaro, in modo
da creare un attivo nel contenitore, che per lo Stato è un debito.
Pertanto, il debito dello Stato corrisponde fino all’ultimo centesimo al nostro
attivo, alla nostra ricchezza, dunque non è un peccato mortale, anzi, è un processo
assolutamente necessario, poiché questo è l'unico modo affinché venga prodotta ricchezza nuova nel contenitore di cittadini-aziende, all'interno del quale nessuno può generare un attivo dal momento che il denaro passa semplicemente da una mano all'altra. Come logica conseguenza, è sbagliato pensare che le tasse
finanzino la spesa pubblica; infatti servono ad altro, come ho spiegato in
altri articoli del blog, ed è evidentemente impossibile che il processo parta dal basso, ovvero dal nostro contenitore. Noi non possiamo finanziare la spesa dello Stato, semplicemente perché la moneta non la creiamo noi, bensì lo Stato, il quale prima spende e solo dopo tassa, e, ribadisco, deve tassare meno di quanto ha speso, senza avere limiti di alcun tipo. Neanche il pericolo dell'inflazione può costituire un limite per la capacità di spesa dello Stato, semplicemente perché è un pericolo inesistente, soprattutto in un paese con un elevato potenziale produttivo, dal momento che quando lo Stato spende più di quanto preleva stimola la domanda di beni ma anche l'offerta, i consumi ma anche la produzione (se volete maggiori dettagli visitate il sito di Paolo
Barnard o quello della Mosler Economics).
L’Eurozona è invece il capovolgimento di quanto scritto sopra. Nell’Eurozona
nessuno Stato è proprietario della moneta Euro, la quale viene emessa dalla
Banca centrale europea e immessa nelle riserve dei mercati di capitali privati
da cui gli Stati la devono prendere in prestito e restituirla con gli
interessi. Non solo: il Trattato di Maastricht impone agli Stati firmatari di
contenere il deficit (debito annuale) entro un limite insignificante, che
peraltro include anche gli interessi sul debito accumulato prima della nascita
dell’Eurozona, il che di fatto obbliga gli Stati a produrre ogni anno un avanzo
di bilancio, dunque tagli alla spesa o aumento del prelievo fiscale, o entrambe le cose. Considerando ciò che ho scritto prima sul funzionamento degli
Stati a moneta sovrana, tutto ciò implica che lo Stato preleva dal nostro
contenitore più di quanto versa con la sua spesa. Il risultato è IMPOVERIMENTO ARITMETICO dell’economia. In definitiva, lo Stato non può assolutamente
indebitarsi, sia perché glielo vietano i Trattati, sia perché non possiede una
moneta.
Adesso
dovete capire questo: tale impianto assurdo non è frutto di un errore, ma di un
piano realizzato a beneficio esclusivo di grandi multinazionali, grandi
speculatori e di una élite aristocratica di tipo neofeudale. Queste élite
puntano a:
1)
imprigionare gli Stati in una camicia di
forza, perché, come scrive Paolo Barnard, “uno Stato senza portafoglio è
come un eunuco, anzi peggio, è come un padre senza reddito”. Le conseguenze sul potere d'intervento del governo e del parlamento eletti dal popolo sono ovvie: quel potere di fatto scompare, perché lo Stato deve SOTTOSTARE AI DIKTAT DEI MERCATI FINANZIARI E DEGLI INVESTITORI STRANIERI (“senza mettersi in contrasto, anche solo brevemente, con le loro
richieste”, cit. Marcello De Cecco, uno dei più grandi
economisti italiani viventi), VENDERE IL VENDIBILE (cioè privatizzazioni, naturalmente a
prezzi stracciati), compresi i servizi essenziali, quelli a cui non possiamo
rinunciare, come l’energia, l’acqua, i treni, le autostrade, la sanità, persino
le carceri e i cimiteri (le cosiddette “captive demand”, letteralmente
“richiesta prigioniera”);
2)
arricchirsi speculando sui debiti degli
Stati, perché uno Stato senza moneta non può indebitarsi, ma poiché tutti
gli Stati hanno un debito pregresso (che è stata la nostra ricchezza passata)
che devono ripagare, non possedendo una propria moneta, DIPENDONO TOTALMENTE DAI PRESTITI DEI MERCATI DI CAPITALI
PRIVATI (titoli di Stato), i quali hanno il coltello dalla parte del manico e
possono fissare gli interessi che vogliono dal momento che lo Stato non può
fare a meno dei loro soldi. E non dimentichiamo che quanto più lo Stato
persegue il pareggio di bilancio o l'avanzo di bilancio, più l’economia nazionale regredisce,
diminuiscono sempre più le entrate fiscali mentre aumentano le spese per gli
ammortizzatori sociali. Quindi nuovi debiti (inutili, poiché servono solo a
tappare la falle senza creare ricchezza) e sempre maggiore dipendenza dai
mercati finanziari;
3)
cancellare la piccola e media borghesia
e i suoi diritti, per tornare ad un sistema molto simile a quello FEUDALE,
CON UN’ARISTOCRAZIA CHE DETIENE TUTTE LE LEVE DEL POTERE POLITICO ED ECONOMICO
E UNA MASSA DI LAVORATORI SOTTOPAGATI (compresi quelli qualificati), quando non
addirittura sfruttati (si pensi agli immigrati), e di piccole aziende
schiacciate. È l’ovvia conseguenza di quanto scritto finora, ma non
dimentichiamo che questi neofeudali, per dare l’illusione di aiutare i popoli a
superare la crisi economica che loro stessi creano, intimano agli Stati di
aumentare la flessibilità del lavoro, ridurre i salari, licenziare i dipendenti
pubblici, tagliare i servizi e le pensioni, spacciando tutto questo per
“sacrifici necessari”. Lo Stato, come detto, non può opporsi più di tanto
perché ha le mani legate, mentre IL PARLAMENTO NON CONTA PIÙ NULLA, visto che i
Trattati scavalcano di fatto la Carta costituzionale, e le leggi della
Commissione Ue non eletta da nessuno sono superiori a quelle adottate dal
Parlamento nazionale. Il governo, dal canto suo, può limitarsi soltanto ad agire all'interno del nostro contenitore, spostando risorse da una categoria all'altra. I lavoratori, infine, finiscono per
accettare la riduzione dei salari e delle garanzie, perché “meglio quello
piuttosto che niente”. Lo scopo, in definitiva, è farci lavorare da kosovari,
ma in strutture moderne.
Tutto questo oggi si sta
concretizzando sotto i nostri occhi, ce l’abbiamo sulla soglia di casa. Non c’è
alcuna cospirazione segreta, è tutto pubblico e alla luce del sole. Finirà solo
se e quando il popolo deciderà di staccare la spina. Ma se questa dovesse
diventare la nostra dimensione abituale, se cioè dovessimo assuefarci a questo decadimento, le sofferenze finiranno ugualmente, nel senso che non ci faremo più caso, saremo
sfruttati e sereni, immemori del passato benessere e dei diritti perduti. A noi la scelta.
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