
Assodato che ormai le manovre improntate sul rigore non fanno diminuire il debito pubblico, tanto che quest’ultimo è tornato addirittura ad aumentare (troppo malridotta l’economia e sempre meno la ricchezza da tassare, mentre gli interessi sono tornati ai tempi della Lira), su questa crisi ho maturato un’idea che parte da un concetto tutt’altro che originale. Per uscirne, occorre abbassare le tasse, ovvero la fetta di ricchezza che il fisco si mangia affinché lo Stato possa effettuare tutte le spese necessarie. È un concetto universalmente condivisibile, anche perché l’unica alternativa sarebbe aumentare la spesa pubblica. In soldoni: o lo Stato lascia più denaro nelle tasche dei cittadini oppure lo regala – prendendolo o dai cittadini più ricchi o stampando moneta – sottoforma non solo di migliori servizi (non basterebbe), ma anche di impieghi pubblici, finanziamenti a fondo perduto, età pensionabile bassissima, spesa previdenziale molto generosa, etc. Credo che tutte le persone di buon senso propenderebbero per la prima ipotesi, ovvero un taglio significativo delle tasse, con una spesa pubblica, al limite, mantenuta stabile.

Ognuno di noi può constatare che di spese
inutili, di sprechi pubblici anche sfacciati ce ne sono ancora parecchi e anche
i professori al governo hanno fatto finta di non vederli. In compenso, però,
sono state tagliate molte spese “utili” legate soprattutto ai servizi. Di
conseguenza, non so quanto il dato finale potrebbe cambiare se i governi
diventassero improvvisamente più giusti, tagliando con maggiore severità le
spese inutili, ma salvaguardando la spesa pubblica “produttiva”.
LA SOLUZIONE CHE NON TI ASPETTI
Ecco
quindi che bisogna prendere in considerazione l’ipotesi di non riuscire a
compensare la diminuzione delle tasse, e di dover ricorrere così
all’indebitamento. È noto che affermare un’idea del genere oggi, nel nostro
continente, significa mettersi sul piano dell’eresia pura. Esiste, è vero, una
scuola di pensiero che vede in un nuovo ricorso al deficit, l’unica via
d’uscita dalla crisi, ma è largamente minoritaria, quando non addirittura
sbeffeggiata. Fatto comprensibile, visto che la moneta unica è costruita principalmente
sul concetto di “stabilità”, della moneta, dei bilanci e dell’inflazione. Detto
questo, quale alternativa abbiamo al debito? Risposta: nessuna.
Il
concetto spaventa, è naturale. Anche perché una volta fatto ripartire un trend
di deficit, bisognerebbe fare obbligatoriamente qualcosa per finanziarlo. Se lo
Stato incassa 100 e spende 115, i 15 mancanti li deve pur trovare da qualche
parte. Come tutti sanno, l’unico strumento ad oggi conosciuto sono i titoli del
debito pubblico. In pratica lo Stato vende le proprie “azioni” ad acquirenti
privati, i quali alla scadenza di quei titoli (per esempio dieci anni)
riscuotono i soldi inizialmente investiti più un interesse. Lo Stato ci perde,
ovviamente, e il debito complessivo aumenta, però almeno si dispone della liquidità
necessaria per far fronte agli impegni di spesa. E se gli interessi sono
contenuti si può anche sperare di riuscire, attraverso politiche mirate, a
ridurre il debito senza che il pagamento degli interessi vanifichi questo
sforzo. Sappiamo tutti, però, che le cose da noi e in tutta l’area Euro sono
andate in maniera diversa, soprattutto perché gli interessi sul debito sono da
strozzini (il famoso “spread” è legato proprio all’andamento degli interessi),
e nemmeno l’Euro, come si pensò negli anni ’90 quando vi entrammo (anzi fu
questo il motivo principale per cui vi entrammo, la convinzione che i tassi
sarebbero stati stabilmente bassi) ha aiutato in tal senso.
QUELLA PAROLA CHE IN EUROPA NON SI PUÒ NEMMENO PRONUNCIARE
In
conclusione, che fare? Rispondo con un’altra bestemmia: bisogna tornare alla
politica italiana degli anni Settanta – primi anni Ottanta. Dev’essere cioè la
banca centrale, quindi la banca dello Stato (o degli Stati), a garantire i
titoli del debito pubblico, coprendo innanzitutto gli interessi e almeno una parte dei titoli di debito. Il tutto sarebbe finalizzato a spendere in deficit senza
creare nuovo debito. Sembrerebbe tutto facile, ma c’è un problema non di poco
conto: dove prende i soldi la banca centrale? Indovinate: li deve stampare, e
adesso le bestemmie diventano tre, sto proprio esagerando. È risaputo, infatti,
qual è la possibile conseguenza quando uno Stato stampa moneta per far fronte
al deficit, come si faceva prima dell’Euro e come di tanto in tanto fanno gli
Usa oggi: si chiama inflazione, una parola che in Europa è vietato persino
pronunciare.

A
questo va aggiunto che molti esperti ritengono che l’inflazione sia uno
spauracchio agitato spesso a sproposito, perché come spiegato prima non sempre
questa è direttamente proporzionale alla svalutazione della moneta, anzi
esperienze passate dimostrano che l’inflazione può rimanere sotto controllo
anche con una moneta svalutata, specie se ciò avviene solo per un breve periodo. Da notare, infine, che un aumento della produzione e quindi dell'offerta, parallelo all'aumento di moneta circolante, attenua la crescita dell'inflazione e in teoria potrebbe addirittura annullarla.
EURO DUBBIO
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